Un po' di tempo fa sono stata all'Istituto Ciechi di Milano per partecipare al Dialogo nel Buio. Per chi non lo conoscesse, è un percorso totalmente al buio, che si svolge in un ambiente chiuso articolato in più stanze, ognuna con suoni, rumori, odori, oggetti particolari. La visita delle stanze viene svolta a gruppi di 6/8 persone ed è gestita da una guida ipovedente o cieca. Durante il percorso si utilizzano tutti i sensi, ad eccezione della vista, per esplorare l'ambiente. Si "vede" l'acqua grazie al suo rumore e si "leggono" frasi con le dita. È un'esperienza molto istruttiva, che dà un pochino il senso di cosa significhi non vedere, ma sentire le cose in altri modi.
Senza la componente visiva, come sarebbe la vostra vita?
Prima di questa esperienza, non ci avevo mai pensato veramente. Ho sempre desiderato che gli altri potessero vedermi diversa da quello che sono, ma appunto vedermi. Non avevo mai pensato a come sarebbe, a come starei io, se la visione del corpo non fosse parte del processo di interazione sociale. Sarei diventata anoressica comunque? Sia chiaro, io non penso che l'anoressia sia causata dal cibo o dall'aspetto fisico, ma da un disagio interno. Un disagio interno che mi son ritrovata a fronteggiare, ma che era troppo profondo e nascosto perché potessi riconoscerlo. Ma, dato mi faceva stare male e volevo debellarlo, ho trasposto il mio disagio su un altro piano, un piano su cui potessi intervenire, in particolare sul mio aspetto fisico. Ho quindi trasposto e "superficializzato" il disagio profondo per poter avere la possibilità di intervenire e ripristinare una condizione di benessere. Di conseguenza, il mio strumento primo è stata la restrizione alimentare, che inconsciamente pensavo poter risolvere il mio vero disagio e restituirmi il benessere, perché il mio cervello aveva inavvertitamente sovrapposto i due piani su cui stavo lavorando.
Che la restrizione potesse risolvermi i problemi era chiaramente un pensiero infondato, ma di fatto tutto il ragionamento è partito da un qualcosa di cui ancora non conosco le cause e che non so risolvere e poi è subdolamente scivolato su un altro piano, che non era quello autentico, ma era un piano su cui avevo potere. Se la componente visiva non ci fosse stata, probabilmente lo scivolamento non sarebbe avvenuto in questo senso, ma in altri. E probabilmente l'anoressia non ci sarebbe stata, ma avrei avuto a che fare con un suo sostituto.
Tutto questo può sembrare un ragionamento fine a se stesso, come se stessi dicendo che mi sarebbe piaciuto essere cieca per non sviluppare i miei problemi, ma non è così. È solo che, durante il percorso nel buio, ho avuto una strana esperienza, che mi ha realmente sorpresa.
Come ho scritto in precedenza, la visita guidata si svolge in gruppi di 6/8 persone. Io avevo prenotato con una mia amica, quindi gli altri partecipanti erano sconosciuti. Io e la mia amica siamo arrivate al pelo con l'orario in Istituto, quindi ci siamo unite al gruppo appena prima di entrare e non abbiamo fatto in tempo a conoscere e a presentarci agli altri partecipanti. Così l'abbiamo fatto all'interno, dove già non si vedeva più niente.
Durante il percorso ho familiarizzato con una signora, che camminava davanti a me. Dovevamo toccare i muri per orientarci, analizzare con il tatto la superficie degli oggetti per capire cosa fossero, assicurarci che gli altri componenti del gruppo ci seguissero: così abbiamo cominciato a fare tutto questo insieme. Ci scambiavamo pareri, facevamo tra noi battute. Non c'eravamo (letteralmente) mai viste prima, eppure ci stavamo conoscendo. Ricordo con precisione la sua voce, i suoi modi; era la voce di una persona gentile, molto dolce e un po' riservata. Nella mia testa, poteva essere un'insegnante molto precisa nel suo lavoro, ma disponibile ad ascoltare. Tutto questo dalla voce e dalla modalità con cui interagiva con me. Ancora oggi mi chiedo che lavoro facesse!
Nell'ultima stanza, c'è una frase da "leggere" con le mani, scritta con lettere giganti. Non vi dico cosa c'è scritto (così, se qualcuno vuole fare il percorso, non rovino la sorpresa!), ma solo che io è lei ci siamo divertite un mondo a decifrarla, lettera per lettera. Ho riso e scherzato con leggerezza. La conoscevo da poco, molto poco. Eppure mi stavo lasciando andare, ero molto più disinibita del solito. Lei non poteva vedermi, il mio aspetto fisico non mi stava ostacolando, in quel momento non importava proprio. Per un attimo mi sono sentita libera.
Quando l'ho vista, ho pensato: "Urca, me l'aspettavo diversa". Aveva i capelli corti e non lunghi, rossi e non neri, era vestita sportivamente. Se era grassa o magra, a quello non ci ho fatto caso. Ci credete? Se me lo raccontassero, io non ci crederei. Eppure per un attimo il mio cervello si è concentrato sugli occhi scuri e divertiti della signora e ha lasciato stare il resto. Quegli occhi me li ricordo ancora oggi e, anche se non so in che corpo collocarli, va bene così.
Alla fine del percorso, ci siamo viste e salutate. È stato naturale, come se ci fossimo già conosciute e il nostro aspetto non importasse davvero. Mi ha parlato alla luce nello stesso identico modo in cui l'ha fatto nel buio: c'era sempre la stessa dolcezza, la stessa gentilezza nel suo tono.
Sono uscita dall'Istituto Ciechi, ho preso la metro fino alla stazione e sono tornata a casa. Il mondo era lo stesso di prima; mi sentivo a disagio, ma con due problemi aperti nella mente: appurata l'importanza della componente visiva del mio disagio (che fino a quel momento non avevo mai valutato singolarmente), c'era qualche strategia specifica da poter attuare per riuscire a gestirla meglio? Tu vivi una dispercezione, nella quale "senti" e "vivi" il tuo corpo come grasso, anche quando non lo vedi. Ma questo processo è partito da un confronto visivo o è nato come componente percettiva a se stante?
E l'ultima domanda mi risuonava ancora più forte nella mente, diceva più o meno così: nel dialogo nel buio ti sei sentita libera dall'aspetto esteriore e hai avuto l'impressione che le persone che interagivano con te avessero a che fare con una parte "buona" di te, che non hai paura a mostrare. Ma chi ti dice che anche chi ha la vista intatta non sia in grado di apprezzare pienamente questa tua componente? Perchè hai paura che le imperfezioni del tuo corpo, il tuo grasso, possano essere così rilevanti da prevenire gli altri nel riconoscerti per come sei?
In altre parole, qual è la vera paura?
Non mi sono risposta, in realtà. Ma ho pensato di condividere con altri questa esperienza, che magari non mette in evidenza niente di che, però mi ha consentito di provare nuove sensazioni. Spero possa essere utile anche a voi e mi piacerebbe sapere se qualcuno ha avuto esperienze simili.
Buonanotte :)
Vale